Norma medita di uccidere se stessa e i figli per vendetta contro Pollione, ma non è in grado di farlo (“Dormon entrambi”). Tenta allora di convincere Adalgisa a portare con sé i bambini, quando andrà a Roma con Pollione. (“Deh! con te, con te li prendi”). La fanciulla rifiuta, e si propone invece di convincere Pollione a tornare da Norma (“Mira, o Norma”). I Galli, riuniti intorno all’altare, apprendono da Oroveso che Pollione sarà sostituito da un altro comandante, più feroce di lui (“Ah! del Tebro al giogo indegno”). Norma attende il ritorno di Pollione, ma Clotilde le riferisce che Adalgisa è tornata da sola, avvilita per il rifiuto del proconsole. Norma lo considera un segno di Irminsul, e dichiara la guerra contro i Romani (“Guerra! Guerra!”). Ma prima è necessario compiere un sacrificio al dio. Mentre si cerca la vittima, Clotilde annuncia che un soldato romano si è introdotto nel tempio. È Pollione: preso prigioniero, è condotto all’altare e Oroveso chiede la sua morte. Norma chiede di interrogarlo in segreto e gli offre la libertà se accetterà di lasciare Adalgisa (“In mia man alfin tu sei”). Ma Pollione non accetta, nemmeno sotto la minaccia della morte dei due figli. Norma giura che ucciderà non solo i Romani, ma anche Adalgisa. Pollione vuole uccidersi, ma Norma richiama i Galli e annuncia che una sacerdotessa che ha infranto i voti sarà la vittima del sacrificio. Ma invece di fare il nome di Adalgisa, pronuncia il proprio, poi ricorda a Pollione il proprio amore (“Qual cor tradisti”). I suoi ultimi pensieri sono per i figli, che affida al padre (“Deh, non volerli vittime”). Oroveso accetta di prendersene cura. I Galli maledicono Norma che si avvia al rogo insieme a Pollione, che si rende conto di amare ancora Norma.