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Grandi voci per il concerto “In Paradisum” domenica 4 alle 20.30. Musiche di Brahms, Pärt, Fauré. Sul podio il direttore del Coro del Teatro Massimo, Piero Monti.
Tre grandi compositori che, lungo un secolo, hanno scritto pagine di musica sacra e profana dove il coro ha un ruolo centrale. Sono Johannes Brahms con la sua Vier Gesänge op. 17, Arvo Pärt con la Berliner Messe per coro e orchestra d’archi, Gabriel Fauré con il Requiem op. 48 i protagonisti del Concerto “In paradisum” in programma al Teatro Massimo di Palermo domenica 4 giugno alle 20.30. Sul podio il direttore del Coro del Teatro, Piero Monti; soprano Valeria Sepe, baritono Ludwig Mittelhammer, corni Francesco Modica e Pietro Anzalone, arpa Francesca Luppino. Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Massimo diretto da Salvatore Punturo.
Musica che eleva, musica di ascesi, un filo rosso che passa tra i “Quattro canti” di Brahms ispirati alla tradizione popolare tedesca e composti per il Coro femminile di Amburgo nel 1869, il Requiem di Fauré che si chiude con “In paradisum” dove l’accompagnamento ricorda le ali degli angeli, fino alla messa cantata di Pärt eseguita per la prima volta a Berlino il 24 maggio 1990.
Il Concerto parte proprio da Brahms, che ebbe sempre un profondo interesse per la musica popolare, e in particolare per il canto e per la pratica corale. I Vier Gesänge (Quattro canti) sono quattro brani che prevedono l’accompagnamento inconsueto e suggestivo di due corni e un’arpa, su testi di autori tedeschi per il primo e il terzo, Friedrich Ruperti e Joseph von Eichendorff, e inglesi per gli altri due, una canzone da “Come vi piace” di Shakespeare, e un brano delle poesie di Ossian di James MacPherson. Si prosegue con il Requiem di Fauré di cui l’autore realizza diverse versioni, con organici che vanno dal semplice organo fino alla grande orchestra: la versione eseguita il 12 luglio 1900 al Trocadéro di Parigi in occasione dell’Esposizione Universale prevedeva ben 250 coristi. “Qualcuno – scrive il compositore – l’ha definita una ninna nanna della morte. Ma è così che io sento la morte: come una felice liberazione, un’aspirazione alla felicità dell’al di là, piuttosto che come un passaggio doloroso”.
E se sulla parola requiem si conclude l’opera di Fauré, con la parola pacem si chiude la Berliner Messe di Arvo Pärt. Composta inizialmente per quattro voci soliste e organo e poco dopo rielaborata per coro misto e orchestra d’archi, la Berliner Messe ha la struttura classica della messa cantata. Già dal secondo brano, il Gloria, il modo in cui il coro affronta il testo ricalca la recitazione da parte dei fedeli durante la messa. Arvo Pärt riprende una sua composizione del 1977, Summa. Il cambiamento principale è la trasposizione in tonalità maggiore, che trasforma l’impressione che il brano infonde all’ascoltatore: non più mestizia, ma serenità.